giovedì 10 gennaio 2013

Fiscal compact e MES




Fiscal compact e MES: questi sconosciuti che sconvolgeranno la vita degli italiani.

Cosa sono? Come mai non sono stati adeguatamente pubblicizzati? Quali effetti determineranno sulla vita degli italiani? Come mai il Popolo non ha potuto scegliere se adottarli o meno?
 
Cos’è il fiscal compact e cosa comporta
il 19 luglio 2012, in piena estate, e nel silenzio “assordante” della stampa, il Parlamento approva in via definitiva il fiscal compact.
Viene cosi ratificato un Trattato dell’Unione Europea che contiene regole severissime di bilancio. Con il fiscal compact l’Italia s’impegna, insieme ad altri Paesi della Comunità che l’hanno adottato, ad avere un deficit sostanzialmente in equilibrio (al massimo potrà “sforare” di uno 0,5 % del PIL) ed a riportare, nell’arco di 20 anni , il debito pubblico, a non essere superiore al 60% del PIL. Sono chiaramente previste sanzioni da parte della Corte di Giustizia Europea nel caso non vengano rispettati tali severi parametri. Nel caso poi, che si abbia uno sforamento del deficit di bilancio superiore al 3%, scatteranno sanzioni automatiche. Senza addentarci in pedanti tecnicismi, vediamo quali effetti determinerà nella nostra economia l’adozione di queste regole. Sappiamo che il nostro debito pubblico è ormai vicino al traguardo dei 2000 miliardi di euro. Su questo debito paghiamo interessi per circa 80 miliardi l’anno. Per mantenere in equilibrio il nostro bilancio annuale abbiamo quindi la necessità che le entrate superino le spese di ben 80 miliardi. Già questo obiettivo, che è quello che Monti si è posto sin dal primo giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi, ha portato l’Italia in recessione. La disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha raggiunto picchi record, è aumentato il numero dei fallimenti e delle imprese che chiudono per mancanza di domanda di beni e servizi. Il debito pubblico si è stabilizzato, ma è diminuito il PIL, per cui il rapporto debito pubblico/PIL è balzato al 126%! Record storico! Vediamo ora quali effetti, a partire dal 1 gennaio 2013 (data di entrata in vigore della norma) potrebbe produrre il 2° parametro adottato : la riduzione del debito di circa il 50% (da poco più del 120% al 60% sul PIL) in 20 anni. La riduzione di 60 punti in 20 anni equivale ad un taglio di 3 punti di PIL all’anno. 1 punto di PIL equivale a circa 15 miliardi di euro (è chiaro che questi conti sono fatti con approssimazione, ma sono molto vicini a quelli effettivi). Quindi, l’anno prossimo, Monti avrà bisogno di 45 miliardi in più per rispettare il fiscal compact! E’ chiaro che se il PIL aumentasse, la cifra necessaria sarebbe inferiore. Ma come pensare di poter far aumentare il PIL con un tale fardello? Non facciamoci illusioni, la recessione continuerà ancora, e nel tunnel  non si ha, ad oggi, alcuna parvenza di luce! Sono finite le “buone notizie”? Non direi, c’è poi ancora il MES, altro “carico da 90”. Vediamo cos’è.
Il MES
Abbiamo visto in questi ultimi mesi, come lo “spread” (il differenziale di rendimento fra i titoli decennali tedeschi e quelli italiani), si sia comportato come una nervosa altalena, pronta a cambiare istericamente di valore ad ogni novità di carattere economico o politico. Lo spread non riguarda solo l’Italia, ma tutti i Paesi dell’Unione Europea. La speculazione finanziaria ha capito che i debiti sovrani non sono affatto sicuri, e quindi hanno cominciato a vendere i titoli di Stato dei Paesi più deboli, facendone crollare i valori ed aumentare i rendimenti. Abbiamo avuto titoli di Stato greci che si trattavano sul mercato secondario al 80% del loro valore nominale, quelli portoghesi a non molto di più, e cosi via. Anche l’Italia, per poter collocare i propri titoli di Stato sul mercato, nel momento in cui lo spread era ben oltre i 500 punti, ha dovuto offrire un rendimento di circa l’8% ! Tutto ciò si riflette pesantemente sulla sostenibilità del debito pubblico stesso: se in un certo periodo vengono rinnovati BTP per 300 miliardi, pagare anche solo un 1% in più o in meno d’interessi significa appesantire od alleggerire il debito di 3 miliardi di euro! Cosi il Parlamento italiano, insieme al già citato fiscal compact, nella calura romana del 19 luglio, ha anche ratificato un altro Trattato europeo: quello istitutivo del MES, detto anche “fondo salva Stati”. Si tratta di un fondo, gestito da un’organizzazione economico finanziaria europea, avente come finalità quella di aiutare gli Stati che finiscono sotto attacco speculativo. In apparenza è sembrata una iniziativa lodevole, avevamo finalmente l’arma per sconfiggere la speculazione ! In pratica sarà un’ulteriore “mazzata” alla stabilità del nostro già fragile bilancio pubblico. Il Trattato prevede che ogni Paese che abbia ratificato questo accordo partecipi alla dotazione iniziale del fondo, che è di ben 700 miliardi di euro. L’Italia ci partecipa per il 17%, e quindi, nel tempo, dovrà versare al fondo stesso la bellezza di 125 miliardi di euro. Per i primi 3 anni saranno solo 15 i miliardi che l’Italia verserà (5 ogni anno), ma questi andranno ad incidere pesantemente sui nostri conti in quanto andranno a sommarsi agli impegni già presi con il fiscal compact! C’è poi da considerare una potenziale ulteriore beffa: facciamo l’ipotesi che l’Italia abbia in futuro bisogno dell’intervento del MES, i soldi che verrebbero elargiti da questo fondo dovranno essere restituiti pagandoci degli interessi! Quindi l’Italia non solo dovrà pagare l’onere dei 125 miliardi che mano a mano verserà a questo fondo, ma dovrà anche, eventualmente, ripagare interessi sui soldi presi in prestito dal MES, che erano i propri! C’è poi anche una appendice legata al MES non di poco conto: nel momento in cui viene elargito il prestito, il Paese beneficiario deve presentare un programma vincolante di riforme strutturali che, l’abbiamo già visto con la Grecia, prevederà molto probabilmente un aumento della pressione fiscale ed un ulteriore smantellamento dello stato sociale e della sanità.
Dopo la perdita di sovranità monetaria, in seguito all’adozione dell’euro, l’Italia sta alienando, poco alla volta, altri pezzi di sovranità. La politica avrà sempre meno peso, potendo operare in un contesto di regole e di vincoli soffocante. E’ giusto? E’ sbagliato? Difficile dirlo, ma di certo rimarrà una macchia indelebile: tutto ciò è avvenuto senza che il Popolo potesse esprimere la sua volontà e nel silenzio dei mezzi di comunicazione.
Diceva Aristide Gabelli,pedagogista del XIX secolo, tra i principali promotori del positivismo filosofico in Italia:” I Popoli, al pari degli individui, tanto possono quanto sanno”; e del fiscal compact e del MES sanno, purtroppo, ben poco.

Pubblicato su "Il Giornale d'Italia"




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