Fiscal compact e MES: questi sconosciuti che sconvolgeranno
la vita degli italiani.
Cosa sono? Come mai non sono stati adeguatamente
pubblicizzati? Quali effetti determineranno sulla vita degli italiani? Come mai
il Popolo non ha potuto scegliere se adottarli o meno?
Cos’è il fiscal compact e cosa comporta
il 19 luglio 2012, in piena estate, e
nel silenzio “assordante” della stampa, il Parlamento approva in via definitiva
il fiscal compact.
Viene cosi ratificato un
Trattato dell’Unione Europea che contiene regole severissime di bilancio. Con
il fiscal compact l’Italia s’impegna, insieme ad altri Paesi della Comunità che
l’hanno adottato, ad avere un deficit sostanzialmente in equilibrio (al massimo
potrà “sforare” di uno 0,5 % del PIL) ed a riportare, nell’arco di 20 anni , il
debito pubblico, a non essere superiore al 60% del PIL. Sono chiaramente
previste sanzioni da parte della Corte di Giustizia Europea nel caso non
vengano rispettati tali severi parametri. Nel caso poi, che si abbia uno
sforamento del deficit di bilancio superiore al 3%, scatteranno sanzioni
automatiche. Senza addentarci in pedanti tecnicismi, vediamo quali effetti
determinerà nella nostra economia l’adozione di queste regole. Sappiamo che il
nostro debito pubblico è ormai vicino al traguardo dei 2000 miliardi di euro.
Su questo debito paghiamo interessi per circa 80 miliardi l’anno. Per mantenere
in equilibrio il nostro bilancio annuale abbiamo quindi la necessità che le
entrate superino le spese di ben 80 miliardi. Già questo obiettivo, che è
quello che Monti si è posto sin dal primo giorno del suo insediamento a Palazzo
Chigi, ha portato l’Italia in recessione. La disoccupazione, soprattutto quella
giovanile, ha raggiunto picchi record, è aumentato il numero dei fallimenti e
delle imprese che chiudono per mancanza di domanda di beni e servizi. Il debito
pubblico si è stabilizzato, ma è diminuito il PIL, per cui il rapporto debito
pubblico/PIL è balzato al 126%! Record storico! Vediamo ora quali effetti, a
partire dal 1 gennaio 2013 (data di entrata in vigore della norma) potrebbe
produrre il 2° parametro adottato : la riduzione del debito di circa il 50% (da
poco più del 120% al 60% sul PIL) in 20 anni. La riduzione di 60 punti in 20
anni equivale ad un taglio di 3 punti di PIL all’anno. 1 punto di PIL equivale
a circa 15 miliardi di euro (è chiaro che questi conti sono fatti con
approssimazione, ma sono molto vicini a quelli effettivi). Quindi, l’anno
prossimo, Monti avrà bisogno di 45 miliardi in più per rispettare il fiscal
compact! E’ chiaro che se il PIL aumentasse, la cifra necessaria sarebbe
inferiore. Ma come pensare di poter far aumentare il PIL con un tale fardello?
Non facciamoci illusioni, la recessione continuerà ancora, e nel tunnel non si ha, ad oggi, alcuna parvenza di luce!
Sono finite le “buone notizie”? Non direi, c’è poi ancora il MES, altro “carico
da 90”.
Vediamo cos’è.
Il MES
Abbiamo visto in questi
ultimi mesi, come lo “spread” (il differenziale di rendimento fra i titoli
decennali tedeschi e quelli italiani), si sia comportato come una nervosa
altalena, pronta a cambiare istericamente di valore ad ogni novità di carattere
economico o politico. Lo spread non riguarda solo l’Italia, ma tutti i Paesi
dell’Unione Europea. La speculazione finanziaria ha capito che i debiti sovrani
non sono affatto sicuri, e quindi hanno cominciato a vendere i titoli di Stato
dei Paesi più deboli, facendone crollare i valori ed aumentare i rendimenti.
Abbiamo avuto titoli di Stato greci che si trattavano sul mercato secondario al
80% del loro valore nominale, quelli portoghesi a non molto di più, e cosi via.
Anche l’Italia, per poter collocare i propri titoli di Stato sul mercato, nel
momento in cui lo spread era ben oltre i 500 punti, ha dovuto offrire un
rendimento di circa l’8% ! Tutto ciò si riflette pesantemente sulla
sostenibilità del debito pubblico stesso: se in un certo periodo vengono
rinnovati BTP per 300 miliardi, pagare anche solo un 1% in più o in meno
d’interessi significa appesantire od alleggerire il debito di 3 miliardi di
euro! Cosi il Parlamento italiano, insieme al già citato fiscal compact, nella
calura romana del 19 luglio, ha anche ratificato un altro Trattato europeo:
quello istitutivo del MES, detto anche “fondo salva Stati”. Si tratta di un
fondo, gestito da un’organizzazione economico finanziaria europea, avente come
finalità quella di aiutare gli Stati che finiscono sotto attacco speculativo.
In apparenza è sembrata una iniziativa lodevole, avevamo finalmente l’arma per
sconfiggere la speculazione ! In pratica sarà un’ulteriore “mazzata” alla
stabilità del nostro già fragile bilancio pubblico. Il Trattato prevede che
ogni Paese che abbia ratificato questo accordo partecipi alla dotazione
iniziale del fondo, che è di ben 700 miliardi di euro. L’Italia ci partecipa
per il 17%, e quindi, nel tempo, dovrà versare al fondo stesso la bellezza di
125 miliardi di euro. Per i primi 3 anni saranno solo 15 i miliardi che
l’Italia verserà (5 ogni anno), ma questi andranno ad incidere pesantemente sui
nostri conti in quanto andranno a sommarsi agli impegni già presi con il fiscal
compact! C’è poi da considerare una potenziale ulteriore beffa: facciamo
l’ipotesi che l’Italia abbia in futuro bisogno dell’intervento del MES, i soldi
che verrebbero elargiti da questo fondo dovranno essere restituiti pagandoci
degli interessi! Quindi l’Italia non solo dovrà pagare l’onere dei 125 miliardi
che mano a mano verserà a questo fondo, ma dovrà anche, eventualmente, ripagare
interessi sui soldi presi in prestito dal MES, che erano i propri! C’è poi
anche una appendice legata al MES non di poco conto: nel momento in cui viene
elargito il prestito, il Paese beneficiario deve presentare un programma
vincolante di riforme strutturali che, l’abbiamo già visto con la Grecia, prevederà molto
probabilmente un aumento della pressione fiscale ed un ulteriore smantellamento
dello stato sociale e della sanità.
Dopo la perdita di sovranità
monetaria, in seguito all’adozione dell’euro, l’Italia sta alienando, poco alla
volta, altri pezzi di sovranità. La politica avrà sempre meno peso, potendo
operare in un contesto di regole e di vincoli soffocante. E’ giusto? E’
sbagliato? Difficile dirlo, ma di certo rimarrà una macchia indelebile: tutto
ciò è avvenuto senza che il Popolo potesse esprimere la sua volontà e nel
silenzio dei mezzi di comunicazione.
Diceva Aristide Gabelli,pedagogista
del XIX secolo, tra i principali promotori del positivismo filosofico in Italia:”
I Popoli, al pari degli individui, tanto possono quanto sanno”; e del fiscal
compact e del MES sanno, purtroppo, ben poco.
Pubblicato su "Il Giornale d'Italia"
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