martedì 19 febbraio 2013

ERF



ERF, il cavallo di Troia che ci ha regalato l’UE e che i nostri parlamentari saranno costretti ad accettare subito dopo le elezioni. Dopo fiscal compact e MES, la morsa sui Paesi con il debito pubblico più alto sarà completata con l’ERF (European Redempsion Fund)
Di Bruno Bral


E’ proprio vero che quando ci sono le elezioni i mezzi di comunicazione si concentrano solo sui dibattiti politici e sugli scandali dell’economia e della finanza (spesso in chiave di propaganda politica). Eppure, in questi giorni, stiamo assistendo alla dimostrazione lampante che l’Europa, cosi come è stata concepita dai Trattati, non funziona: in Grecia siamo al collasso totale. Amnesty International ha denunciato il governo ellenico e la sua polizia [che ha agito probabilmente con l’ausilio della Gendarmeria Europea (Eurogendfor)] per torture! Si calcolano in 40.000 i senza tetto, ed il morbo dell’indigenza si sta diffondendo più velocemente di un virus. Ci sono supermercati presi d’assalto, e si respira un’aria di anarchia popolare. Non un servizio in televisione, né un articolo su qualche testata importante. Tutto è concentrato sulle elezioni politiche. Eppure, abbiamo avuto parecchie dimostrazioni che l’Italia, insieme alla quasi totalità degli altri Paesi dell’UE, ha perso quasi del tutto la propria sovranità popolare, e del tutto quella monetaria. I nostri parlamentari hanno accettato tutti i provvedimenti provenienti da Bruxelles, riconoscendoli come diktat indiscutibili. E’ stato ratificato prima il fiscal compact e poi il MES. Se avessimo chiesto, in quel periodo, a qualche cittadino, cosa fossero quei provvedimenti, pochissimi avrebbero saputo rispondere. Eppure hanno ipotecato il nostro futuro e quello dei nostri figli. Il bilancio dello Stato è stato blindato. Non sarà più possibile attuare politiche di “deficit spending” e, al contrario, sarà necessario avere avanzi primari che permettano di pagare gli interessi per il servizio del debito. Non solo! Dovremo anche partecipare, attraverso un fondo europeo (MES), all’eventuale salvataggio di uno qualsiasi degli Stati che fanno parte dell’UE. Devastante. Questo significherà sottrarre decine di miliardi di euro, ogni anno, a welfare e sviluppo. Si è visto che questa ricetta non funziona. Non sta funzionando né in Italia, né in Spagna, né in Portogallo; non ha funzionato per la Grecia che sta attraversando uno dei periodi più neri della sua storia. L’unificazione monetaria, se non è accompagnata da un’integrazione di politiche fiscali, economiche e sociali non fa altro che avvantaggiare i Paesi più forti economicamente. Abbiamo visto che negli ultimi 10 anni la Germania ha visto rafforzato il proprio tessuto industriale, a scapito dell’Italia e della Francia. 
Però, la carenza maggiore di questo disegno di unificazione europea l’abbiamo nella BCE. La BCE non può, per statuto, comprare sul mercato primario i titoli sovrani. Questo fatto ha scatenato una speculazione finanziaria verso i Paesi che avevano la peggiore situazione di bilancio pubblico. L’Italia, oltre a non poter più svalutare la propria moneta per dare ossigeno all’economia si è trovata di fronte anche alla necessità di pagare il servizio del debito in misura enormemente superiore rispetto alla Germania, ed anche rispetto ad altri Paesi più virtuosi. Il risultato è stato che di fatto, i Trattati Europei, hanno penalizzato tutti i Paesi dell’area del Mediterraneo ed avvantaggiato enormemente la Germania. Si sono cercate delle soluzioni. La più logica sarebbe stata quella degli Eurobonds, cioè di obbligazioni garantite dall’intera Europa che avrebbero “uniformato” il costo dell’indebitamento per tutti i Paesi che ne facevano parte. La Germania non è stata d’accordo per due semplici motivi: 1°) la situazione più sarebbe durata e più avrebbe rafforzato l’economia eutonica a discapito delle dirette concorrenti europee (Italia in primis), 2°) non voleva assurgere a garante di Paesi di cui non si fidava, e per i quali non era disposta a rinunciare neanche ad un minimo del proprio standard qualitativo di vita. In parole povere la Germania si è presa tutti i vantaggi dell’appartenenza all’UE e non si è voluta sobbarcare nessun svantaggio, neanche ipotetico! Lo strapotere degli organi sovranazionali, condizionati soprattutto dalla volontà della Germania, li ha spinti a proporre, e poi legiferare, l’ennesimo provvedimento capestro: l’ERF. L’ERF (European Redemption Fund) è stato approvato dal Parlamento Europeo il 13 Giugno 2012 attraverso 2 risoluzioni. La prima risoluzione, denominata Gauzes, è stata approvata con il 73% dei voti favorevoli ed ha stabilito che ci sarà “l’assoggettamento a tutela giuridica di uno Stato membro (a partire dal 2017)” nei confronti di quegli Stati che non riusciranno a rientrare di quel surplus eccedente il 60% di debito pubblico deciso nel Trattato di Maastricht, con misure quali “prelievo forzoso di parte cospicua del gettito erariale” e altre politiche impositive! No, non avete capito male: si tratta di vero e proprio “commissariamento”! La seconda risoluzione, chiamata Ferreira, approvata con il 74% dei voti favorevoli, è ancora più sconcertante: gli Stati che dovranno riportare il loro debito al 60% del PIL avranno 25 anni per farlo. La modalità di rimborso prevederà il trasferimento” degli importi debitori superiori al 60% del PIL ad un apposito Fondo (ERF) nell’arco di un periodo di avviamento di 5 anni”. E’ chiaro che gli Stati interessati dovranno attuare politiche di consolidamento del debito molto rigide, ed attuare idonee riforme strutturali, per raggiungere l’obiettivo (leggasi: smantellare il welfare e vendere  pezzi di patrimonio pubblico). Continua la risoluzione: “dovranno altresì costituire garanzie per coprire adeguatamente i prestiti concessi dall’ERF”! Uscendo dalla terminologia troppo tecnica dei burocrati di Bruxelles, cosa comporterebbero queste 2 risoluzioni? Facciamo il caso dell’Italia: l’Italia parteciperebbe a questo fondo con una quota di oltre 950 miliardi di euro (cifra che ci permetterebbe di riportare il debito pubblico al 60% del PIL). Per coprire questa cifra il nostro Paese, a garanzia della restituzione in 25 anni di capitale ed interessi, dovrebbe cedere una frazione più o meno cospicua del suo gettito erariale, vendere una parte del patrimonio pubblico e dare in pegno la propria riserva aurea e di valuta estera! Questo significa che, non ottemperare agli impegni (e sarà molto difficile farlo, Grecia docet), implicherà perdere i migliori asset patrimoniali del Paese! Ci sono anche dei vantaggi: certamente lo Stato pagherà un interesse minore di quanto faccia oggi su quei 950 miliardi di debito pubblico, ma non saranno tollerati sbagli né deroghe. Insomma, avremo una spada di Damocle sopra la testa per tanti anni. In Italia questi provvedimenti non sono stati ancora ratificati.
Lo saranno dopo le elezioni. Chiunque le vinca. Anche il Parlamento è stato svuotato della propria sovranità. Mi chiedo: fiscal compact, MES, ERF era ciò che ci aspettavamo dall’UE? Siamo cosi sicuri che questi provvedimenti siano per il bene
del popolo? Quali risultati avrebbe oggi un referendum che chiedesse ai cittadini, non solo italiani, ma anche dei Paesi del Mediterraneo, se voler rimanere od uscire dall’UE? Perché non si dice chiaramente che ci aspettano non 2 o 5 o 10 anni, ma almeno 20 anni di enormi sacrifici e di ridimensionamento drastico della qualità di vita prima di poter vedere la luce in fondo al tunnel?  Nell’ERF c’è la parola Redemption (REDENZIONE). Scrive Claudio Messora nel suo famoso blog Byoblu, con molta ironia: “L’idea è che, siccome siamo stati cattivi, ora dobbiamo essere redenti, come se ci fosse poi un unto del Signore in grado di confessare gli Stati e comminare il giusto numero di Ave Marie economiche”. Forse l’ex Presidente Cossiga, quando diceva che :”l’organizzazione politica più antidemocratica che esiste oggi al mondo è l’Unione Europea”, non aveva tutti i torti! Il proposito di ridiscutere tutti i Trattati Europei avrebbe dovuto essere l’impegno elettorale principale di tutte le forze politiche, mentre l’ho visto sollevato solo da alcuni leader illuminati. Tra questi c’è Storace, che già aveva sollevato l’inquietante problematica del signoraggio bancario.


domenica 10 febbraio 2013

Gli Influencer



La crisi diffonde lo spirito ed il sentimento antieuropeista. L’UE corre ai ripari: 1 milione di euro per “sguinzagliare” gli “influencer” nel web, con il compito di contrastare il mood anti-europeo!
Di Bruno Bral

L’utilizzo del web è ormai diventato indispensabile anche in politica. Chi non l’ha capito è rimasto indietro, chi invece ne ha fatto largo uso, ha avuto risultati sorprendenti. Mi riferisco a Di Pietro prima, ed a Grillo poi. Il guru che gestisce le campagne elettorali tramite web si chiama Gianroberto Casaleggio, della “Casaleggio Associati”. Loro utilizzano da tempo la figura degli “influencer”, e nel loro sito http://www.casaleggio.it/, spiegano chi sono e quale sia il loro compito. Nel web è stato dimostrato statisticamente che il 90% dei contenuti online vengono creati dal 10% degli utenti. Questo 10% di utenti, iperproduttivi e dispensatori di informazioni, sono chiamati “influencer”. Si chiamano cosi perché i navigatori della rete spesso rimangono “impigliati” nelle informazioni da loro diffuse. A volte queste informazioni sono reali ed oggettive, a volte vengono create “ad arte” per confondere e sviare gli utenti stessi. E’ la versione moderna, ed informatica, del classico marketing, utilizzato tutti i giorni dal mondo imprenditoriale. Spiega Casaleggio: “i contenuti che vengono generati dagli influencer sono soprattutto video, articoli sui blog, recensioni e commenti”. Sono operatori del web che hanno specifiche conoscenze in determinati settori e le dispensano anche più di una volta al giorno. Continua Casaleggio: “un prodotto o un servizio online, è fortemente influenzato dall’opinione dei cosiddetti influencer, molto più, per esempio, della promozione diretta o della ricerca che viene creata dalle società con forti investimenti”. Passando ad un’analisi statistica dei dati si è riscontrato che:”il 60% degli acquisti di prodotti elettronici online viene orientato dagli influencer! Quindi, se per esempio un prodotto di elettronica viene da loro osteggiato, si rinuncia a venderlo online. Ci sono percentuali molto alte anche per altri prodotti: per esempio, la vacanza è influenzata per il 52% dagli influencer, i film che uno andrà a vedere, dal 48%, fino ad arrivare intorno al 40% per l’auto” e cosi via. Gli influencer sono diventati dei veri asset aziendali. Oggi è impossibile pensare di sviluppare un prodotto od un servizio in internet senza il loro ausilio. C’è un dato che parla da solo: “il 96% di tutte le mamme online che effettuano un acquisto negli Stati Uniti, è influenzato dalle opinioni di altre mamme online che sono le mamme online influencer! L’UE si è accorta che il “sentiment” nei suoi confronti è cambiato. Dopo i primi anni nei quali i Paesi hanno avuto un certo vantaggio ad entrare nella Comunità, soprattutto per il consequenziale forte ribasso degli interessi passivi pagati sul debito sovrano, le diverse “velocità” di crescita tra Germania e Paesi del Mediterraneo, ne hanno minato la stabilità. La Grecia è praticamente andata in default, Portogallo e Spagna sono in grandissima crisi, l’Italia li segue a ruota. Disoccupazione, aumento della pressione fiscale e dell’età pensionabile, profonda recessione, sono state una conseguenza diretta di un sistema che, per come è stato concepito, non è destinato a durare.
Nonostante alcuni politici e burocrati dicano il contrario, i popoli hanno cominciato a comprendere che, restare in Europa, voleva significare dover accettare una notevole contrazione dei livelli qualitativi di vita. Meno welfare, stipendi al limite della sussistenza, enormi difficoltà a trovare lavoro. Ma i poteri forti non vogliono rinunciare all’Europa. Per loro significa più finanza e controllo politico dei vari Paesi attraverso enti sovranazionali. Sono riusciti a limitare moltissimo la sovranità politica dei Parlamenti e ad eliminare del tutto quella monetaria! Cosa fare allora per contrastare questo clima antieuropeista? Stanno muovendosi su vari fronti, tra questi c’è ovviamente il web, ed  hanno cosi deciso di formare e di “assoldare” un piccolo esercito di influencer: persone che rivestono il ruolo di “opinion leader” nei vari social network, soprattutto Facebook! C’è un investimento deliberato di 1 milione di euro, di nostri soldi, ed altri, se necessario, ne saranno investiti. Abbiamo quindi dei “personaggi” che verranno pagati per diffondere un virus dell’informazione: quello della necessità e dei vantaggi derivanti dall’appartenere all’UE. Non diffonderanno il “loro” pensiero, ma quello che gli sarà imposto. E sfrutteranno la loro popolarità per manipolare il pensiero degli altri utenti! Sono strategie “testate” da tempo, ed efficaci. Ciò che però risulta sconcertante è che, dopo non aver potuto scegliere se aderire o meno all’UE, adesso il popolo viene anche turlupinato e bersagliato mediaticamente per essere indotto ad accettare ciò che, nel suo profondo, sa che lo ha duramente danneggiato. Diceva Machiavelli nel “Il Principe”: “Sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che manipola troverà sempre chi si lascerà manipolare”. La conoscenza è l’unico antitodo alla manipolazione, quindi, stiamo lontani dai TROLL (persone che nelle comunità virtuali interagiscono con altri utenti tramite messaggi provocatori, irritanti, con l’obiettivo di sviare e disturbare la comunicazione, e fomentare gli animi)!








Significati ancestrali dei termini legati alla politica



Le parole in politica avevano, in origine, un significato ben preciso. L’analisi, non solo etimologica, fatta dal linguista Vasile Droj, ne illumina i valori ancestrali, e ci indica tutt’oggi la via da percorrere per perseguire la costituzione di una società la più sana e giusta possibile.
Di Bruno Bral


L'articolo si trova su : http://www.lacritica.org/

venerdì 8 febbraio 2013

La guerra delle valute



La guerra delle valute. L’euro si sta apprezzando pericolosamente. Giappone e Stati Uniti stanno svalutando le loro monete per dare impulso alle proprie economie. L’Europa rimanendo ferma mortifica ulteriormente il settore produttivo. Cosa potrebbe accadere?

In questi giorni stiamo avendo un’ulteriore prova che la perdita di sovranità monetaria dei singoli Stati Europei può creare grave nocumento alle loro economie.
Gli Stati Uniti vengono da un periodo di notevole crisi economica scatenata nel 2008 dallo scandalo dei mutui subprime. Salvare le banche e dare impulso alla propria economia si sarebbe potuto fare solo con un intervento tempestivo della loro Banca Centrale: la Federal Reserve. Sono state fatte 3 enormi iniezioni di liquidità nel sistema (chiamate Quantitative Easing) che hanno permesso di evitare una catastrofe forse peggiore di quella del 1929. E’ ancora in fase di ripresa, ma le banche sono ritornate a macinare utili, il mercato immobiliare, che aveva subito un crollo senza precedenti, è in netta fase di recupero, ed anche la disoccupazione è a livelli più accettabili. Il Giappone ha un debito pubblico enorme, pari a circa il 220% del PIL. L’Italia, rispetto al Giappone, potrebbe considerarsi un Paese virtuoso, se non fosse che gli asiatici del Sol Levante pagano sul loro debito un interesse dell’1%, e noi del 5%. Sono in fase di stagnazione ormai da parecchi anni. In seguito alla “bolla immobiliare” di fine anni ’80 l’economia, prima di allora fortissima, ha subito una contrazione inizialmente drastica, e poi flebile ma continua. Nonostante rimanga la seconda economia più forte al mondo ed abbia società multinazionali che dettano legge in tutti i mercati, il suo “sole” non riesce più a tornare agli antichi splendori.
Sanno però che gli Stati Uniti sono convalescenti e che l’Europa sta attraversando enormi problemi d’integrazione economica e politica a causa dei debiti sovrani di alcuni suoi Paesi. Sanno, soprattutto, che alcuni loro pericolosi rivali nelle esportazioni, come la Germania, subiscono la “rigidità” della BCE. I nipponici così hanno deciso di passare all’offensiva: stampano moneta e con gli yen comprano euro.
In questa maniera svalutano lo yen e rivalutano l’euro. L’obiettivo è quello di dare impulso alla propria economia e rendere più competitive le multinazionali nipponiche. E’ chiaro che, se le multinazionali giapponesi, in conseguenza di questa manovra, dovessero guadagnare quote di mercato, ciò andrebbe a detrimento degli Stati Uniti e dell’Europa, Germania in primis. Gli Stati Uniti hanno la Federal Reserve che aveva già attuato questa politica da prima, volta sia a rilanciare la domanda interna che a sostenere le esportazioni. Ed in effetti il dollaro continua a svalutarsi rispetto all’euro e, fino a poco tempo fa, a svalutarsi rispetto allo yen.
Il Giappone ha dato inizio alla guerra delle valute: di certo gli Stati Uniti reagiranno, il problema c’è e ci sarà per l’Europa a causa della rigidità della BCE ed alla sua “ritrosia” a stampare moneta! Che la situazione preoccupi particolarmente la Germania lo dimostra l’intervento del Presidente della Bundesbank Jens Weidmann
che ha accusato apertamente il Giappone di “interferire” nelle decisioni della Banca Centrale Giapponese minandone l’autonomia e l’indipendenza! Secondo la Germania la politica monetaria espansiva dettata dalla Bank of Japan sarebbe il frutto di ingerenze della politica e non di scelte dettate da valutazioni meramente finanziarie ed economiche dei vertici della Banca Centrale. E’ superfluo dire che il Giappone ha rispedito al mittente le accuse: “Le critiche sulla manipolazioni dei corsi sulle valute sono del tutto prive di fondamento” ha sentenziato il Ministro delle Finanze del Giappone, Taro Aso. I fatti però sembrano dimostrare il contrario: il cross USD/JPY è passato da un valore di 78 che aveva ad Ottobre 2012 (appena 4 mesi fa) a oltre i 91 di oggi! Il cross EUR/JPY da 100, sempre Ottobre 2012, a 124 di oggi! E sappiamo che l’euro si sta rivalutando in maniera pericolosa anche nei confronti del dollaro:
EUR/USD è oggi quasi a 1.36. La Merkel è preoccupata: la Germania ha un’economia fortemente sbilanciata sulla domanda esterna. La sua crescita dipende dalle esportazioni, e la guerra valutaria “scatenata ferocemente” dal Giappone rischia di recarle danni enormi, visto anche le sue difficoltà, in questo periodo, ad esportare verso Paesi che sono in recessione (Italia in primis). Tutto questo fa riemergere, ancora una volta, la necessità di modificare i Trattati, soprattutto per ciò che riguarda la BCE. C’è l’urgenza di avere una Banca che privilegi la crescita economica rispetto alla stabilità monetaria. E’ meglio avere un pò d’inflazione ma mantenere il proprio tessuto produttivo competitivo. Insomma, l’Europa è ancora un cantiere in costruzione. Ma siamo in un mercato globale, è necessario accelerare i lavori per non perdere terreno anche nei confronti di economie in forte crescita, come la Cina.
La guerra per l’egemonia economica si farà in futuro sempre più aspra. Prepariamoci.