domenica 27 gennaio 2013

Non è l'evasione fiscale la causa dell'enorme debito pubblico



I dati parlano chiaro: l’enorme debito pubblico italiano non è dipeso dall’evasione fiscale, ma dalla corruzione e dagli sprechi della macchina statale


Voglio sfatare una diceria che imperversa nei dibattiti politici e che spesso viene utilizzata dalla sinistra per esacerbare la lotta all’evasione. Viene dato per scontato il seguente assioma: il debito pubblico è frutto dell’evasione fiscale. E’ una maniera subdola ed ingannevole di presentare dei dati, utilizzata soprattutto da alcuni Partiti per scaricare le colpe della crisi sui cittadini, e per non ammettere le proprie responsabilità. E’ anche un dogma che permette di giustificare l’adozione di misure sempre più coercitive per “estorcere” denaro alla collettività. Ormai il contribuente viene considerato “per definizione” un evasore, e sta a lui munirsi di strumenti di difesa contro l’ingerenza del fisco. Nessuno nega che in Italia ci sia un problema legato all’evasione fiscale. L’evasione c’è e va contrastata. Ciò che voglio dimostrare è che l’enorme debito pubblico che si è accumulato in Italia non è  dipeso dalla poca onestà contributiva di alcuni cittadini. Il dato a cui si fa riferimento è quello della “pressione fiscale”. La pressione fiscale è un indicatore percentuale che misura il livello di tassazione “medio” di uno Stato. Si calcola rapportando l’ammontare delle imposte al PIL (Prodotto Interno Lordo). In Italia, con il governo Monti, siamo giunti ad una pressione fiscale di circa il 45%. Questo significa che, a fronte di una parte della popolazione che non paga le tasse, c’è un’altra che paga molto di più del 45%, in quanto, abbiamo visto dalla definizione, che la pressione fiscale indica un livello di tassazione “medio”. E’ un pò il discorso”dei polli di Trilussa”: la statistica dice che gli italiani mangiano un pollo a testa, ma poi c’è chi non ne mangia affatto e chi ne mangia due (“risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra ne le spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’é un antro che ne magna due”[Trilussa]).
In effetti, un calcolo effettuato dalla famosa società di consulenza e revisione contabile PriceWaterhouseCoopers ha stabilito che il carico fiscale complessivo sulle aziende italiane, considerando le imposte sugli utili, le imposte sul lavoro ed altri oneri, arriva al 68,3% dei profitti! Anche negli anni precedenti la pressione fiscale si era mantenuta alta, e questo significa che le entrate dello Stato sono sempre state elevate, a prescindere dal fatto che ci sia stata una consistente evasione (oltretutto, tutte le teorie economiche sono unanimi nel teorizzare una correlazione diretta tra livello di tassazione ed evasione). Dai dati risulta che, mano a mano che lo Stato ha aumentato la pressione fiscale, ha sempre, di pari passi, se non in misura maggiore, aumentato la spesa pubblica. Dall’altro lato, la Corte dei Conti, nella sua relazione annuale, sono più volte che lancia allarmi sulla corruzione. E’ difficile quantificarla in maniera precisa, ma la cifra è stata stimata sui 60 miliardi nell’ultimo anno, e solo leggermente di meno, per gli anni precedenti. Se consideriamo poi le spese inutili ed improduttive, dobbiamo considerare altri 40 miliardi all’anno. Ora, se capitalizzassimo, anche solo il 50% di quanto la Corte dei Conti ha valutato il danno erariale dovuto a sprechi e corruzione negli ultimi 30 anni, ecco che il debito pubblico si azzererebbe. C’è stato in questi giorni un caso emblematico: la Corte dei Conti ha chiesto un maxi risarcimento di 3 miliardi di euro agli ex manager di Alitalia. Quindi, cifre e dati alla mano, non è da imputarsi ai cittadini lo stato comatoso dei nostri conti pubblici; grandi invece sono state le responsabilità di precedenti amministrazioni. Non si può sperare che cambino le persone, ci saranno sempre onesti e disonesti. E’ invece auspicabile un cambiamento delle “regole”. Controlli su ogni singola spesa. Appalti più trasparenti. Pene molto più severe per chi trasgredisce. Se non dovessimo fare questa rivoluzione copernicana nel settore amministrativo, tutte le immense risorse che ogni anno pagano i cittadini allo Stato servirebbero a poco. E’ come versare dell’acqua in una vasca piena di buchi. E’ inutile aumentare il gettito dell’acqua se prima non si chiudono le falle. La vasca non si riempirà mai!



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